Pascoli e Insetti

Nell'agosto del 2019 percorsi il Cammino dei Briganti, fra Abruzzo e Lazio. Il tratto paesaggistico più bello del cammino è la Montagna della Duchessa, in cima alla quale gli armenti pascolano e si abbeverano all'omonimo lago.

Lago della Duchessa
Lago della Duchessa
Armenti in riva al Lago della Duchessa
Armenti in riva al Lago della Duchessa

L'erba è rasa ovunque, costantemente brucata dagli erbivori domestici. Le uniche piante che crescono rigogliose sono i Cardi, protetti dalle spine, i Verbaschi, protetti da un tomento ripugnante, e le Digitali, protette dal veleno.

Cardo e pecore nel pascolo del Monte della Duchessa
Cardo e pecore nel pascolo del Monte della Duchessa
Cardo nel pascolo del Monte della Duchessa
Cardo nel pascolo del Monte della Duchessa
Verbasco nel pascolo del Monte della Duchessa
Verbasco nel pascolo del Monte della Duchessa
Digitale nel pascolo del Monte della Duchessa
Digitale nel pascolo del Monte della Duchessa

Come si può notare ingrandendo le fotografie in alto, gli erbivori al pascolo sono cavalli, vacche e pecore, tutti evitano di brucare cardi, verbaschi e digitali. Perciò, sviluppandosi indisturbate fino alla fioritura, queste piante costituiscono una risorsa per gli insetti impollinatori. La seguente fotografia mostra un'ape bottinare su un fiore di cardo nel pascolo intorno al lago della Duchessa.

Ape su fiore di Cardo nel pascolo del Monte della Duchessa
Ape su fiore di Cardo nel pascolo del Monte della Duchessa

Le api e gli altri impollinatori sono minacciati dai pesticidi usati in agricoltura. Paradossalmente, gli stessi insetti svolgono un ruolo essenziale fecondando le piante coltivate dall'uomo. In primavera le erbe spontanee ai margini delle strade vengono puntualmente decespugliate, sottraendo ulteriore habitat agli insetti impollinatori.
Le riserve marine sono un utile strumento per la sostenibilità della pesca, all'interno di esse le specie ittiche si riproducono indisturbate per poi sconfinare nella zona di pesca circostante. I pascoli potrebbero rappresentare per gli insetti impollinatori ciò che le riserve marine rappresentano per i pesci: un'area di conservazione della specie. Dai pascoli gli impollinatori possono poi sconfinare nei terreni agricoli limitrofi e fecondare le piante coltivate.

I pascoli offrono riparo agli insetti impollinatori, questo è ciò che pensavo fino al mese scorso.
La mattina del 6 ottobre, passando per i Piani di Ruschio, un altopiano (905 m slm) adibito a pascolo in provincia di Terni, mi sono imbattuto in un cespuglio di Ginestre adornato da curiose decorazioni.

Ginestre nei Piani di Ruschio
Ginestre nei Piani di Ruschio

Le ginestre hanno perso i fiori e le foglie con l'arrivo dell'autunno. La miriade di ciuffi bianchi interposti tra gli steli sono ragnatele. Ero passato da lì altre volte ma non avevo mai notato l'abbondanza di ragnatele: in condizioni normali di umidità e luminosità sono scarsamente visibili, diventano appariscenti quando bagnate dalla rugiada e in controluce quando il sole sorge. Ogni arbusto di ginestra ne ospita a decine, e lì c'è un'ampia distesa di ginestre tutte colonizzate. In quella stessa occasione avrei voluto prelevare l'inquilino di una ragnatela per osservarlo sotto la lente d'ingrandimento e tentare di identificarne la specie, ma non avevo con me gli strumenti né potevo fermarmi a lungo perché stavo percorrendo la Traversata della Macchia Verde.
Camminando, quello stesso giorno, ho continuato a riflettere su tale osservazione. L'ecologia non è altro che l'economia applicata alla biologia. Allora poniamoci una domanda ecologica: come si spiega una così grande abbondanza di ragni?
La mia conclusione è che c'è un nesso con il pascolo vicino al quale quelle ginestre sono situate. La catena presumo sia: mandrie di vacche producono sterco a dismisura; le mosche proliferano nutrendosi dello sterco e deponendo in esso le uova; con l'aumento delle mosche aumenta la disponibilità di prede per i ragni. La crescita abnorme della popolazione di ragni dipende dall'alta densità di vacche nell'area. Alla base di questa catena ecologica c'è l'uomo che alleva vacche domestiche aliene all'ecosistema. Le attività umane incidono sugli equilibri naturali, non sempre in modo dannoso. In questo caso specifico credo che un danno ci sia: più aumentano le ragnatele, più aumenta la mortalità di insetti benefici come gli impollinatori. Il fatto che i ragni prosperino grazie all'abbondanza di mosche non impedisce loro di predare altri insetti, tra cui gli impollinatori. Per di più la ragnatela può continuare a catturare insetti oltre il soddisfacimento del fabbisogno del ragno e perfino in seguito alla sua morte.

Excursus

In alieutica si distinguono le reti da traino, tirate dai pescatori in modo da setacciare attivamente un tratto di mare in cerca di pesci (in questa categoria rientra la famigerata rete a strascico), e le reti da posta, disposte in modo da sbarrare un tratto di mare per catturare passivamente i pesci di passaggio (ad esempio il tramaglio). Le reti deliberatamente abbandonate o perse accidentalmente continuano la loro azione di pesca arrecando danni all'ecosistema marino, e sono volgarmente dette reti fantasma. La peggiore tipologia di reti fantasma sono le reti da posta proprio perché atte a catturare il pesce in maniera autonoma.
La ragnatela è analoga ad una rete da posta: il ragno tessitore non caccia attivamente la preda, attende che la preda s'impigli nella sua tela. Poiché la modalità di cattura non richiede l'intervento diretto del predatore, la ragnatela può continuare a funzionare anche in sua assenza. Tuttavia, a differenza delle reti da pesca in fibra sintetica non degradabile e perciò estremamente durevoli, la ragnatela necessita di manutenzione da parte del tessitore perciò prosegue la sua azione finché non si lacera.

Pertanto il sovrannumero di ragni causato indirettamente dall'uomo potrebbe portare all'estinzione locale degli impollinatori nei pascoli e nelle aree di allevamento. Per verificare l'ipotesi occorre campionare le ragnatele, identificare e contare le prede.
La domenica successiva, 15 ottobre, sono tornato ai Piani di Ruschio per prelevare alcuni ragni allo scopo di identificarli. Ne ho prelevati cinque, li ho inseriti in una provetta e posto la provetta nel congelatore per circa un'ora, metodo per sopprimerli senza lesionarli. La soppressione è necessaria poiché gli individui in movimento sono difficilmente identificabili. Fortunatamente a nessuno importa degli invertebrati, se avessi fatto la stessa cosa con un animale carino, la LAV mi denuncerebbe, la notizia scatenerebbe il putiferio sulle reti sociali, sarei messo alla gogna mediatica, subirei angherie e minacce e dovrei temere per la mia incolumità. Ma dato che si tratta di animali brutti dal punto di vista antropocentrico dei sedicenti antispecisti, allora posso tranquillamente confessare di averli soppressi per soddisfare la mia curiosità scientifica. Sotto la lente di ingrandimento ho identificato quattro esemplari di Frontinellina frutetorum basandomi sulla morfologia dell'addome. Nonostante la premura nel prelevarli e sopprimerli, un individuo risultava troppo lesionato per l'identificazione perciò l'ho scartato.

Frontinellina frutetorum
Frontinellina frutetorum

In una ragnatela ho trovato due Formiche alate impigliate da poco (si dimenavano ancora) ed un'esuvia di ragno, come mostrato nella foto in basso. Sebbene insufficiente, il dato è coerente con la mia ipotesi: l'abbondanza di mosche non evita la cattura di altre specie. La maggior parte delle prede era avvolta nella tela, ciò complica la loro identificazione.

Ragnatela contenente due Formiche alate ed un'esuvia di ragno
Ragnatela contenente due Formiche alate ed un'esuvia di ragno

Il campionamento andrebbe condotto in primavera, ossia in coincidenza del picco di abbondanza degli impollinatori. Purtroppo coi mezzi che possiedo non posso fare più di tanto. Qualora un accademico volesse verificare la mia ipotesi, sarebbe corretto che mi citasse nella pubblicazione, contrariamente a quanto successo con la mia ipotesi sulla taglia dei Capodogli del Mediterraneo, dalla quale è stato ricavato uno studio pubblicato su una rivista scientifica senza citarmi e divulgato da La Repubblica.
Ad ogni modo, se l'eventuale studio dovesse dimostrare che gli allevamenti sono responsabili di un aumento della mortalità degli insetti impollinatori, la gente si rifiuterebbe di crederci. Capire che i pesticidi chimici adoperati in agricoltura uccidono indiscriminatamente sia gli insetti parassiti sia gli impollinatori, è facile. Molto più difficile superare il comune preconcetto secondo cui i pascoli e gli animali domestici appartengono alla natura e perciò è impossibile che creino squilibri. Più di una volta sono stato deriso per aver detto che i cani non esistono in natura. Cionondimeno la scoperta verrebbe strumentalizzata dalla propaganda antispecista contro lo sfruttamento animale. Una scoperta del genere renderebbe necessari provvedimenti politici volti a mitigare gli effetti nocivi degli allevamenti, come ad esempio obbligare gli allevatori a raccogliere le feci e sottoporle ad un trattamento sterilizzante. Non occorrerebbero provvedimenti estremi come il divieto di allevare animali da reddito preteso dagli antispecisti.

Finora ho parlato della relazione tra pascoli ed insetti impollinatori, ma il titolo dell'articolo è riferito agli insetti in generale.
Un altro insetto, non impollinatore, che si trova in abbondanza nei pascoli è lo Scarabeo stercorario. Come per le mosche, suppongo che la crescita dello Scarabeo stercorario sia favorita dalla disponibilità di feci nei pascoli. Ne ho afferrato uno per osservarlo, capovolgendolo mi sono accorto della presenza di organismi attaccati al suo ventre, inizialmente ho pensato si trattasse di ectoparassiti ma poi l'entomologa Roxana Minuz (che ringrazio) mi ha detto che sono degli Acari foretici.

Scarabeo stercorario con Acari foretici adesi al ventre
Scarabeo stercorario con Acari foretici adesi al ventre

E con questo ho finito.