Un'idea per ricavare cibo da fonti inaccessibili

L'Amido è il polimero di riserva energetica delle piante (l'equivalente del grasso per gli animali), la Cellulosa è il polimero strutturale che compone le fibre delle pareti cellulari a loro volta aggregate a formare l'impalcatura assile delle piante (l'equivalente dello scheletro degli animali). Le piante sono costituite per lo più di cellulosa, sul pianeta c'è molta più cellulosa che amido.
Malgrado le diverse funzioni, le strutture chimiche dell'amido e della cellulosa sono quasi uguali: sono entrambe composte da monomeri di Glucosio, differiscono unicamente per la posizione del legame chimico tra i monomeri.
L'amido è una fonte alimentare per l'uomo, mentre la cellulosa no. Questo perché l'uomo è dotato degli enzimi (Amilasi) in grado di scindere i legami dell'amido ricavandone glucosio, ma è sprovvisto, a differenza degli erbivori, degli enzimi necessari a scindere i legami della cellulosa. Questo è il motivo per cui separiamo i chicchi dei cereali dalla pianta e conserviamo i chicchi per noi mentre diamo il resto della pianta alle vacche. Ciò smentisce due argomenti della propaganda antispecista, dimostrando che (1) non siamo biologicamente vegani, (2) il cibo che diamo agli erbivori d'allevamento non è sottratto all'uomo e non è dunque la causa della fame nel mondo.
Certo, le fibre vegetali sono per noi commestibili, mangiare la crusca o le verdure a foglia favorisce la digestione, ma questo non significa che il nostro intestino sia in grado di assimilarne il contenuto energetico.
Gran parte della vegetazione planetaria rappresenta per noi una fonte alimentare inaccessibile.
Le Cellulasi, il complesso di enzimi litici della cellulosa, nelle capre, nei castori e nelle termiti sono particolarmente efficienti riuscendo a degradare persino il legno.

Termiti
Reticulitermes lucifugus, fotografia mia disponibile in dimensioni originali su Wikimedia Commons.

Ma la Cellulasi non è propria di suddetti animali, bensì dei batteri simbionti che colonizzano il loro intestino.
Da millenni l'uomo utilizza microorganismi nella produzione del cibo: per far lievitare il pane, per la fermentazione alcolica delle bevande, per trasformare il latte in yogurt.
Il nostro intestino è un ambiente inadatto ai batteri ospiti delle capre, ma potremmo usare tali batteri in cucina (o in laboratorio o in fabbrica) ricreando le condizioni di acidità e di temperatura dello stomaco delle capre.
Sminuzzando dell'erba (ovvero riproducendo la masticazione dei ruminanti necessaria a massimizzare il substrato enzimatico), aggiungendo acido acetico o citrico o fosforico (quest'ultimo è un ingrediente della Coca-Cola) e un campione batterico prelevato dal contenuto stomacale di una capra (a tal proposito basterebbe recarsi in un macello), portando a temperatura fisiologica della capra, ciò che mi aspetto di ottenere dopo qualche ora è una poltiglia contenente glucosio. A questo punto si dovrebbe setacciare la poltiglia, estrarre e purificare il glucosio sotto forma di sciroppo.
Lo sciroppo di glucosio è un prodotto industriale già commercializzato ma esso è ricavato dall'amido del granturco, ovvero trasformando un alimento in un altro. Se invece si realizzasse questa tecnologia, si potrebbe convertire in alimento una moltitudine di vegetali incommestibili, con la sola precauzione di evitare l'impiego di quelli velenosi, sfruttando così una fonte abbondantissima ma finora inutilizzabile.