Lo Sbiancamento Epidemico degli Europei
È scientificamente provato che gli europei avevano tutti la pelle nera fino a 3000 anni fa. Questo è il messaggio propagandistico recentemente diffuso da vari siti d'informazione.
Per rigettare tale affermazione basterebbe mostrare i diversi affreschi dei miei antenati minoici [il 20% del mio DNA è minoico, risultati su Google Foto], risalenti ad un periodo compreso tra 3400 e 3600 anni fa, come ad esempio la Raccoglitrice di Zafferano [si veda Wikimedia], o la Signora Minoica ingiustamente soprannominata "la Parigina".

Nell'arte greca, la carnagione delle donne ritratte è bianca candida, mentre quella degli uomini è rossastra. Ciò ricalca lo stereotipo dell'uomo che pratica attività fisica all'aperto, abbronzandosi [si veda ad esempio l'affresco funerario del tuffatore su Wikimedia], e della donna che invece trascorre le giornate all'interno del gineceo, al riparo dai raggi solari diretti. I fanciulli, anche se maschi, esibiscono una carnagione chiara che indica il loro affidamento alla cura delle madri [si veda l'affresco della parete ovest della tomba del tuffatore su Wikimedia]. Al momento non mi risulta che gli afrocentristi, ansiosi di trovare conferme ai loro deliri, abbiano stravolto tale interpretazione asserendo che gli uomini raffigurati negli affreschi greci provenivano dall'Africa, ma non dubito che lo faranno [si veda la raccolta di schermate afrocentriste su Google Foto].
L'affermazione secondo la quale gli europei avevano tutti la pelle nera fino a 3000 anni fa, non solo non è coerente con i reperti archeologici, ma non lo è nemmeno coi fondamenti della biologia evoluzionistica.
L'ereditarietà dei caratteri è alla base dell'evoluzione, e l'antenato comune delle popolazioni distribuite in Europa è più antico di 3000 anni. In altre parole: se fino a 3000 anni fa tutti gli antichi europei erano neri, significa che i moderni europei discendono da un individuo, più recente di 3000 anni, che per primo ha evoluto la depigmentazione; ma affinché la depigmentazione venisse ereditata da tutti gli europei moderni, questo ipotetico progenitore ed ogni suo discendete devono aver figliato più di Genghis Khan e Ramses II messi assieme. A meno che la stessa mutazione, che inibisce la sintesi di melanina, sia comparsa in ciascuna popolazione europea in maniera indipendente e simultanea, ma sarebbe un caso di convergenza evolutiva estremamente improbabile. Dunque come si sarebbe diffusa la depigmentazione nelle popolazioni europee? Non resta che postulare un episodio di trasferimento genico orizzontale mediato da virus (da cui il titolo dell'articolo). Ovviamente sono sarcastico.
Non è difficile intuire che tale "scoperta scientifica" sia finalizzata a condizionare l'opinione pubblica: dacché la differenza più appariscente tra gli europei e gli immigrati africani è il colore della pelle, la propaganda mira ad attenuare la percezione di tale differenza allo scopo di favorire l'accettazione dell'immigrazione incontrollata in Europa.
Ma la pigmentazione cutanea non è la sola autapomorfia, ossia la sola caratteristica che indica una separazione genetica tra un gruppo ed un altro. I subsahariani sono distinguibili anche dalle narici larghe (adattamento all'ossigeno rarefatto dal calore) e dai capelli crespi (adattamento all'esposizione ai raggi solari). Sono facilmente identificabili come subsahariani anche quegli individui affetti da albinismo, si veda ad esempio il fotomodello Sanele Junior Xaba. Gli indiani affetti da albinismo sono invece molto meno distinguibili dai caucasici, questi due gruppi infatti sono più strettamente imparentati e raggruppanti insieme negli indoeuropei trovando riscontro nella linguistica. Proprio in questi giorni, in Piazza della Signoria a Firenze, è stata installata una statua raffigurante una giovane donna africana. Nonostante sia dorata, i tratti somatici subsahariani rimangono riconoscibili.
Un altro carattere distintivo dei subsahariani è il prognatismo. In anatomia comparata, i caratteri in comune col progenitore ancestrale vengono detti "indici di primitività", il prognatismo subsahariano è tra questi, ma tale osservazione non deve scandalizzare, sussistono vari indici di primitività che coinvolgono l'intera specie umana, come ad esempio la condizione plantigrada: la porzione distale dell'arto umano (la mano) è molto più simile a quella del progenitore ancestrale rettile che a quella degli ungulati (ad esempio dei cavalli), quest'ultima si è diversificata molto di più dal modello originale. Al contrario, sono semmai i cosiddetti antirazzisti, invero razzisti verso i caucasici, che usano il dato genetico dell'ibridazione con l'uomo di Neandertal per affermare che i caucasici sono più primitivi.
Oltre ai caratteri distintivi morfologici, visibili dall'esterno, sussistono anche quelli istologici come la diversa composizione delle fibre muscolari e calcificazione delle ossa che rendono l'apparato locomotore dei subsahariani più possente ma anche più pesante, quindi meno adatto al nuoto, come dimostrano le classifiche dei campionati mondiali di tale sport. Un'ulteriore differenza è endocrinologica, relativa alla diversa concentrazione di testosterone, ormone associato all'aggressività. Sovente, sulle reti sociali, i negazionisti delle razze mostrano le immagini di scheletri affiancati per affermare che, sebbene la pelle fuori sia diversa, dentro siamo tutti uguali. Non la pensa allo stesso modo l'intelligenza artificiale applicata alla diagnostica medica che ha deciso spontaneamente di catalogare le radiografie di caucasici e subsahariani in due gruppi diversi, avendo rilevato differenze anatomiche fra di essi, senza che le venissero fornite informazioni riguardo la "razza" dei pazienti [si veda Tech4Future].
In generale, ai fini propagandistici, la parte più importante delle notizie pubblicate sui siti d'informazione è il titolo accompagnato da un'immagine eloquente. Molte persone non leggono oltre il sommario. È dunque possibile approfittare della superficialità del lettore medio per trarlo in inganno attraverso un titolo fuorviante, giustificandosi all'occorrenza con le precisazioni contenute nel corpo dell'articolo, che in pochi leggono.
Ciò premesso, esaminiamo l'articolo di divulgazione scientifica a firma di Stefania Andreotti, che riporta un'intervista a Guido Barbujani, pubblicato su la Nuova Ferrara con il titolo ed il sommario:
Gli europei avevano tutti la pelle nera, l'incredibile scoperta all'Università di Ferrara - Una scoperta di portata mondiale, frutto del lavoro dell'equipe di ricerca condotta dal genetista Guido Barbujani: fino a 3mila anni fa la pigmentazione dell'Homo sapiens era scura.
A voler essere pignoli, non è corretto parlare di "Homo sapiens" poiché la specie include anche gli asiatici, la cui depigmentazione è però frutto di una mutazione diversa da quella verificatasi per i caucasici.
Ad ogni modo, già da subito notiamo che si gioca sull'equivoco tra "essere neri" e "avere la pelle scura".
La figura usata dalla Andreotti mostra com'erano gli europei 3000 anni fa, cioè tali e quali ai subsahariani ma con indosso la pelliccia.

Cito dall'articolo:
Fino a 3mila anni fa gli europei avevano la pelle scura. Spiegato in modo facile: se la storia dell'Homo sapiens nel nostro continente si potesse racchiudere in una giornata di 24 ore, fino alle 20 in Europa saremmo in prevalenza neri.
Alle ore 20 mancano quattro ore alla fine del giorno, quindi nella proporzione proposta quattro ore equivalgono a tremila anni, dunque possiamo facilmente calcolare e otteniamo che secondo Stefania Andreotti (non voglio credere che sia stato Barbujani a proporre tale proporzione) la nostra specie avrebbe colonizzato il continente europeo 180.000 anni fa. Questo dato è incoerente con quello che la Andreotti fornisce di seguito nello stesso articolo: 50mila anni fa [dall'Africa] sono iniziate le migrazioni verso Nord
. Questi dati sono entrambi sbagliati. Mi risulta che fino a poco tempo fa l'uscita dall'Africa era stimata risalire a 100.000 anni fa, un dato condiviso anche da Cavalli-Sforza, ma recentemente la cifra riportata dai divulgatori, lungi dall'essere imparziali, si è abbassata a 70.000. Adesso noto che è stata ulteriormente abbassata a 50.000. È chiaro che lo scopo è avvicinare i caucasici ai subsahariani.
Virgolettato di Barbujani:
ci sono sistemi sviluppati dalle scienze forensi [...] capaci di rilevare dal Dna contenuto nelle ossa il probabile colore di pelle, occhi e capelli.
Uno degli argomenti principali che Barbujani ha sempre usato per sostenere che le razze non esistono è l'impossibilità, a sua detta, di inferire la razza dal DNA. Ma in questa circostanza sottintende invece che ciò sia possibile: gli europei erano neri fino a ieri perché ce lo dice il DNA! Tale contraddizione si dipana ammettendo che la pelle scura non è peculiare degli africani, ma in tal caso si ammette implicitamente che la scoperta non può essere usata per associare gli europei agli africani, come invece viene fatto. In entrambi i casi permane una contraddizione. In altre parole, il colore della pelle viene usato a convenienza: non è una caratteristica valida per contraddistinguere gli africani ma diventa valida nel momento in cui serve ad associare gli europei agli africani. Insomma, per i negazionisti delle razze, la pelle nera degli africani non è una caratteristica sufficiente per poter distinguere gli africani dagli europei, allo stesso tempo la (presunta) pelle scura degli antenati recenti degli europei è una caratteristica sufficiente per poter associare i moderni europei agli africani.
Continua Barbujani:
la pelle umana 6 milioni di anni fa probabilmente era bianca
Non è corretto dire "pelle umana" poiché il genere Homo compare circa 2,5 milioni di anni fa e Barbujani certamente lo sa. Avrebbe potuto dire "la pelle del progenitore dell'uomo" per non rinunciare al rigore scientifico. Se Barbujani preferisce semplificare le frasi a scapito della precisione, presumibilmente è perché ha una scarsa considerazione delle capacità intellettive del pubblico.
Cito:
contadini del Neolitico provenienti dall'Anatolia (l'attuale Turchia), che sono succeduti alla migrazione dei cacciatori africani del Paleolitico
I due eventi sono elencati come se fossero conseguenziali, in realtà fra di essi intercorre circa un centinaio di migliaia di anni. Le civiltà anatoliche sono cronologicamente molto più prossime a noi rispetto all'uscita dei cacciatori-raccoglitori dall'Africa.
Virgolettato di Barbujani:
«Se all'epoca ci fossero state le attuali politiche migratorie europee saremmo ancora tutti con la pelle scura – scherza Barbujani – solo dall'Età del Bronzo cominciano a essere frequenti individui di pelle più chiara, che iniziano a prevalere con l'Età del Ferro. Nel momento in cui si colloca la leggendaria fondazione di Roma, ancora una parte significativa della popolazione europea aveva la pelle scura». [Aggiunge la Andreotti:] In sostanza Romolo e Remo potrebbero essere neri.
Questa è la parte più importante per quattro ragioni: qui Barbujani confessa indirettamente che (1) il motto antirazzista le migrazioni sono sempre esistite
, usato per giustificare l'attuale immigrazione incontrollata, non è corretto; (2) l'informazione comunicata al grande pubblico attraverso il titolo Gli europei avevano tutti la pelle nera
, non è corretta; (3) affermare che Romolo e Remo potrebbero essere neri
anziché avere la pelle scura
, non è corretto; ma soprattutto (4) sostenere che non ci sia stata una separazione geografica tra popolazioni umane tale da modificare la frequenza allelica, non è corretto.
Cito:
L'unico significativo precedente di questa scoperta è circoscritto al cosiddetto "uomo di Cheddar", dai cui resti fossili, datati a 10mila anni fa e trovati in Inghilterra nel 2018, si è scoperto che aveva occhi chiari, capelli neri ondulati e carnagione scura.
L'antropologo Robert Sepehr ha messo in discussione la ricostruzione arbitraria dell'uomo di Cheddar, frutto di ideologia politica più che di obiettività scientifica. Lo stesso Barbujani, poco prima nel medesimo articolo, ammette che la pelle non lascia residui fossili
e pertanto prima del suo studio nessuno era mai potuto arrivare a queste conclusioni
.
Ad essere precisi, in gergo paleontologico, un fossile è la forma di un organismo trasferitasi alla roccia, e non un resto biologico indecomposto. Perciò è vero che il fossile non preserva la forma, e men che meno il colore, dei tessuti molli, ma da esso non è nemmeno possibile estrarre il DNA. Ma abbiamo già capito di non poter pretendere la precisione scientifica da articoli del genere.
Cito:
[Lo studio] è stato pubblicato un mese fa sul sito BioRxiv, che raccoglie i testi scientifici prima che siano sottoposti a revisione tra pari e [eventualmente] pubblicati su una rivista accademica.
Questa precisazione, che giunge solo verso la fine dell'articolo, è molto lontana dal proclama del sommario e di apertura straordinaria scoperta di portata mondiale
(grassetto della Andreotti), che lascia intendere che la scoperta sia già stata confermata. Si fa passare qualcosa di ancora incerto per qualcosa di scientificamente provato: il messaggio che giunge al grande pubblico, attraverso il titolo, il sommario e l'immagine, è che la recentissima discendenza degli europei dagli africani è una verità scientifica indiscutibile. L'influenza di questa divulgazione sull'opinione pubblica rimarrà anche qualora la ricerca di Barbujani venisse respinta.
Formalità a margine: la quinta lettera di "bioRχiv" è un Chi greco e non una "x" come digitato dalla Andreotti.
In chiusura:
E se si chiede a Barbujani quali implicazioni politiche pensa che avrà questa notizia, risponde: «Nessuna a meno che non ci sia un suprematista bianco. In quel caso certe idee ricorrenti sulla razza europea andranno un po' riviste, anche perché si può propugnare ogni tipo di ideologia, ma l'evidenza scientifica è questa, c'è poco da fare».
Affermare che questa presunta scoperta mini l'ideologia suprematista bianca (dove "bianco" è inteso come sinonimo di "caucasico") e le idee ricorrenti sulla razza europea
, equivale a confessare che ciò che si intende dimostrare con suddetta scoperta è che i recenti antenati europei erano neri (africani) in quanto di pelle scura. Si torna quindi alla contraddizione che ho illustrato poc'anzi.
Inoltre, Barbujani rifiuta di assumersi la propria responsabilità negando l'influenza che il proprio operato ha sulla politica: se la gente viene persuasa che le razze non esistono, che gli europei fino a ieri erano neri e pertanto uguali agli africani, che non sussistono differenze biologiche tra popolazioni ma solo culturali e perciò plasmabili, allora non c'è ragione per la quale opporsi all'immigrazione incontrollata. Barbujani fornisce una base scientifica (invero, come stiamo vedendo, pseudoscientifica) all'ideologia dei confini aperti, una colpa dalla quale non può esimersi.
Ricapitolando
(1) Si gioca sull'equivoco tra "avere la pelle scura" ed "essere neri"; (2) inizialmente si afferma che tutti gli europei fossero scuri fino a tremila anni fa, e poi ci si autosmentisce precisando che la depigmentazione è molto più antica ma che fino a tremila anni fa, forse, era rimasto ancora qualcuno con la pelle scura; (3) si dà per scientificamente solida una scoperta dubbia.Perché Barbujani non fa rettificare l'articolo? Gli sta bene così?
Pure su La Repubblica
Anche l'articolo de La Repubblica, riferito alla stessa "scoperta", ha un titolo esagerato e forviante:
"Tremila anni fa eravamo noi il Continente nero" - Il genetista Barbujani: "Pensavamo tutti che le pelli chiare fossero arrivate già con il Neolitico".
Purtroppo o per fortuna, l'articolo de La Repubblica è riservato agli abbonati e quindi mi è inaccessibile, ma le premesse sono uguali a quelle dell'articolo de la Nuova Ferrara.
Lavoro di Perretti et al.
Passiamo adesso al lavoro pubblicato su bioRχiv al quale la notizie si riferisce. Il primo nome risulta essere "Perretti", la quale, come si apprende dalla precedente notizia, è stata la dottoranda di Barbujani e possiamo supporre che sarà la sua delfina dato che il vate è prossimo al pensionamento.
Come ammesso dagli stessi autori, il metodo preso in prestito dalla scienza forense richiede sequenze nucleotidiche integre, comprendenti 41 SNP, ottenibili dal sequenziamento di un DNA in stato di conservazione sufficientemente buono; mentre il DNA antico prelevato da resti umani parzialmente decomposti è fortemente frammentato, mancante delle porzioni necessarie all'esame forense. Circa il 66% dei campioni di DNA antico impiegati nello studio sono sprovvisti degli SNP richiesti. Per sopperire a tale mancanza, la squadra di Barbujani ripiega sul calcolo delle probabilità.
Nessun giudice accetterebbe come prova forense un risultato ottenuto in questa maniera. Nemmeno un giudice italiano.
L'impressione che si trae è che la squadra (per gli anglofoni "team") di Barbujani abbia forzato la metodologia pur di dimostrare ciò che si era prefissata.
La ricostruzione probabilistica delle parti mancanti del DNA antico effettuata nel lavoro mi ricorda Jurassic park, nel quale il DNA dei dinosauri, prelevato da una zanzara fissata nell'ambra, presentava tratti mancanti che venivano integrati con il DNA di un rospo. Buon metodo per un racconto di fantascienza.
A prescindere dalla validità del metodo utilizzato, anche i risultati stonano con quelli divulgati al grande pubblico. Infatti, dei 25 campioni di tremila anni fa esaminati, 19 risultano avere la pelle chiara e solo 6 la pelle scura. Un risultato molto lontano dal proclama tutti gli europei erano neri 3000 anni fa
.
Mentre un dato interessante riportato nello studio è che ci sono voluti 45000 anni per evolvere la pelle bianca... il dato da divulgare dovrebbe essere questo! Ogni volta che un caucasico si incrocia con un subsahariano vanifica (almeno) 45000 anni di evoluzione!
Se un giorno, come pronosticato da Donella e Dennis Meadows nel Rapporto sui Limiti dello Sviluppo, le civiltà industriali collasseranno e l'umanità tornerà a vivere allo stato brado, allora le metapopolazioni caucasico-subsahariane stanziate alle alte latitudini, vale a dire i discendenti degli incroci tra caucasici e subsahariani, subiranno una forte pressione selettiva dovuta alla loro ridotta capacità di fissare la vitamina D attraverso raggi solari meno intensi.
Reazioni
Osserviamo infine, attraverso quella finestra aperta sulla società quale è facebook, le reazioni della gente alla notizia. Non poche persone, sebbene prive di formazione scientifica (gli scimmiottatori degli americani dicono "background scientifico"), mostrano scetticismo e intuiscono l'intento politico che si cela dietro notizie del genere.

Poi ci sono i laureati in scienze, che nella foto del profilo esibiscono la bandiera arcobaleno simbolo dell'ideologia woke, che reputano valida la scoperta di Barbujani per ipse dixit, basandosi unicamente sulla logica fallace del principio di autorità, e tacciano di ignoranza gli increduli (o forse sarebbe meglio dire gli "infedeli", dato l'approccio fideistico di queste persone).

Profezia
In futuro Barbujani verrà ricordato come scienziato razzista: quando l'ideologia antirazzista raggiungerà il parossismo, catalizzata dalla preponderanza dei cittadini europei e statunitensi meticci che, a causa della dominanza allelica, si autopercepiscono neri (vedasi Shaun King), verrà considerato "razzismo" non accettare la superiorità biologica, morale e culturale dei subsahariani rispetto agli abietti caucasici, di conseguenza gli scienziati che avranno sostenuto l'inesistenza delle razze verranno tacciati di razzismo. Questo è il futuro degli autoctoni europei a cui Barbujani, inconsapevole o indifferente, sta contribuendo in maniera attiva a realizzare.
Raccomando la lettura dell'articolo precedente: Barbero riassume la propaganda di Barbujani.